giovedì 18 marzo 2010

Il take-away cinese in Mozambico


Il Mozambico sta diventando una meta sempre più gettonata dai turisti italiani attratti dalle spiagge dai fondali marini e dai paesaggi naturali, mi sembra tuttavia opportuno portare alla luce uno dei tanti problemi di un paese che per molti "turisti per caso" può apparire come il più classico dei paradisi tropicali.
Con una superficie di quasi 800.000 km quadrati e con una popolazione di circa 21 milioni di abitanti concentrati per lo più nella fascia costiera, il Mozambico dopo gli anni di guerra civile (1980-1994), grazie alla situazione politica stabile sta diventando un paese di forti investimenti da parte dei paesi occidentali, sopratutto attratti dall'enorme disponibilità di risorse naturali.


Nell'ultimo decennio, come in tutto il resto del continente africano si sono imposte sul mercato le imprese cinesi attratte dal business del legno. Grazie all'atteggiamento politico dei funzionari locali, agli scarsi controlli e all'appoggio del governo cinese che ha stanziato fondi a pedere per la cooperazione con il paese lusofono, le imprese private stanno provocando danni ambientali enormi al patrimonio forestale, sopratutto nelle regioni del nord. Inoltre la popolazione locale che vive per lo più di pesca e di un agricoltura di sussistenza, non viene tutelata dal governo nazionale, per questo non riesce ad opporsi alle pressioni delle compagnie forestali.
Al di la delle statistiche numeriche, è importante sottolineare la mancanza di dati con cui le autorità preposte, operano nel rilascio delle licenze di taglio alle compagnie locali ed estere e la totale mancanza di controllo sulle quantità di legname effettivamente estratte. Come altri paesi africani con alcune leggi anche il Mozambico sta cercando di trattenere in loco la lavorazione delle materie prime, per creare sia indotto che sviluppo umano e tecnologico. Le frequenti notizie di sequestri di legname nei porti del Nord del paese e nei porti cinesi, rivelano che la maggior parte del legno viene tagliato ed esportato illegalmente (il cosiddetto take-away Chinese).
Verso la China ed Hong Kong è stato infatti inviato circa l'85% dei 430.000 metri cubi di legname ufficialmente esportato dal 2000 al 2005. I dati FAO del 2003 suggeriscono che la produzione e l'esportazione illegale si aggirasse fra il 50 e il 70 % delle licenze emesse, che sono traducibili in un volume fra 90.000 e 140.000 metri cubi all'anno.

fonte: http://www.salvaleforeste.it


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