martedì 20 aprile 2010

I 5 MOTIVI PERCHÈ...
Spesso familiari e amici ci chiedono come e perché abbiamo deciso di incamminarci per il mondo. Ho pensato molto a questa domanda, a volte rispondevo a tono, altre volte cercavo di fare dell’introspezione spicciola sul marciapiede all’angolo.
Come famiglia, siamo spinti a vivere all’estero. È parte di ciò che siamo. Ogni singolo giorno il brivido che sentiamo per questo stile di vita è riaffermato ad ogni esperienza ed incontro che facciamo. Qui ho riassunto 5 motivi chiave per lo stile di vita che abbiamo scelto. Oggi il primo e il secondo, seguitemi i prossimi giorni per saperne di più!..

1 – Esperienza di vita


La crescita arriva attraverso nuove esperienza, non c’è altro da fare. Un bambino apprende a livello esponenziale, in parte perché ogni esperienza che attraversa è nuova, è la prima volta. Tutti noi ci ricordiamo ‘la prima volta che’. Nuova esperienza =apprendimento=crescita. È semplice.
Da adulti il livello di sviluppo ed espansione decresce, poiché il numero di esperienze nuove e uniche che incontriamo si fanno più rare. O addirittura nulle.
Vivere all’estero ci fornisce nuove esperienze ogni giorno. Mangiare diventa un emozione quando ci confrontiamo con nuovi sapori. Guidare diventa una sfida quando troviamo nuove regole e nuove utilitarie sulla strada (anche animali da tiro). Un salto al supermercato può portarci a nuovi colori, nuove visioni, regole e abitudini. Addirittura cucinare e pulire diventa un’avventura quando hai a che fare con nuovi materiali (porcellanato antico-moolto vs. parquet-alla-mozambicana), nuove apparecchiature (più piccoli elettrodomestici, o leggermente-rotti-ma-funzionanti) e varie (sapone a barre o ascensori umani)
Quando sei all’estero, le cose di tutti i giorni, di cui vagamente fai caso, improvvisamente diventano una novità.

2 – Cultura

La cultura, dal mio punto di vista, rappresenta il modo di pensare di una società o le condizioni di un gruppo di persone (mi scuserà la prof di sociologia di Trento). E ciò include costumi, cibo, psicologia di gruppo, tradizioni, abbigliamento, lingua e abitudini.
Quando siamo a casa, siamo circondati da una cultura con cui abbiamo familiarizzazione. Conosciamo il cibo, le abitudini, la lingua, le norme sociali e le tradizioni – cosa e come celebrare, chi riverire, come vestire.
Quando siamo in vacanza in un altro paese, in breve tempo siamo inseriti in una cultura totalmente nuova. Facciamo caso alle differenze, ma poi torniamo comodamente alla vita che conosciamo bene.
Ma quando viviamo all’estero siamo sommersi da una coltura a cui non siamo familiarizzati, così dobbiamo imparare a convivere con le differenze che incontriamo. A volte ci porta a frustrazione (perché non possono fare come si fa in ______?), altre volte è motivo di umorismo (come cacchio sono arrivati a ‘sti livelli?), forse fastidio (che palle ‘sta burocrazia), ma comunque sempre è un’occasione per riflettere e analizzare il vero motivo perché facciamo le cose nella tal maniera.
Nel breve tempo che siamo in Mozambico ho già avuto diverse domestiche. Tutte hanno l’abitudine di bollire il riso nella pentola con un sacchetto di plastica. Punto. Cucinare in tal modo fa bollire l’acqua in minor tempo e il riso si cucina prima… In varie occasioni ho tentato di dimostrare l’assurdità della cosa, in vano. Sopra pensiero, tornavano alle vecchie abitudini.
Col tempo ho capito non importa se è questo ciò che pensano. La lezione più importante è analizzare cosa noi crediamo, appurare che una cosa di cui sono convinta è vera, non solo perché sono cresciuta pensando che fosse vera, o solo perché sono stata condizionata a fare così. Fermandosi ad osservare, a ben guardare, si trova sempre una motivazione perché le cose vengono fatte in un modo piuttosto che in un altro, spesso scoprendo l’uovo di Colombo (pestare l’aglio con il sale grosso - invece di tagliarlo – lo rende più digeribile!)
Non c’è una maniera giusta in assoluto per fare le cose. Un modo non è giusto, l’altro non è errato. Sono solo due modi differenti. E va bene così.


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