domenica 25 aprile 2010


I CINQUE MOTIVI: last but not least!
5 – Cambiamento
La più grande eco del vivere all’estero è il cambiamento che provoca in noi come individui.
Amo il fatto di vivere all’estero per ciò che sono diventata, per come mi ha trasformata (frutto di meditazione fina!). Mark Twain disse che “il viaggio è fatale per il pregiudizio, il bigottismo e la mente ristretta” (traduzione letterale, sorry doc. Beittel)
Ho imparato ad essere gentile, giudicare meno e ad accettare gli esseri umani come sono…e, cosa più importante, insegno a mio figlio questo atteggiamento verso il mondo. Il mio piccolo contributo al mondo a venire.
Penso al romanzo di Robinson Crusoe (grazie dottor Beittel!). Fin dalla più tenera età, egli era stimolato a viaggiare e, per quanto fosse stato avvisato da molti sulle difficoltà (ciao mamma!) che avrebbe incontrato, seguì il suo desiderio ciononostante.
Come risultato, incontrò molte difficoltà sulla sua strada (sì, mamma, sto bene!): fu catturato e reso schiavo, fu naufrago e addirittura visse per molto tempo da solo su un’isola deserta. Ma tutte queste disavventure sono state fondamentali per diventare Robinson Crusoe. Se avesse scelto una vita di agi e comfort, certo avrebbe evitato molte complicazioni, ma non sarebbe mai stato ciò che è diventato: l’icona della forza umana, della determinazione e delle potenzialità che ognuno di noi porta dentro (un tesoro da scoprire).
Quindi, vivere all’estero ci ha cambiati come famiglia, ci ha esposto ad esperienze che ci hanno arricchito, con tutte le varietà possibili che esse offrono. E non credo che tale scelta sia stata egoistica nei confronti di nostro figlio, al contrario! Sono sicura che sarà una fonte di arricchimento anche per lui, che ha solo 2 anni. Tutto dipende come viene gestita la cosa. O come direbbe un life-coach, tutto dipende dalla visione interiore. Sono convinta che viaggiare possa essere utile a sviluppare le virtù di una famiglia intera.
Ma questo concetto lo chiarirò col prossimo post, ho già un po’ di materiale in mente.

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I CINQUE MOTIVI...last but not least!
5 – Cambiamento
La più grande eco del vivere all’estero è il cambiamento che provoca in noi come individui.
Amo il fatto di vivere all’estero per ciò che sono diventata, per come mi ha trasformata (frutto di meditazione fina!). Mark Twain disse che “il viaggio è fatale per il pregiudizio, il bigottismo e la mente ristretta” (traduzione letterale, sorry doc. Beittel)
Ho imparato ad essere gentile, giudicare meno e ad accettare gli esseri umani come sono…e, cosa più importante, insegno a mio figlio questo atteggiamento verso il mondo. Il mio piccolo contributo al mondo a venire.
Penso al romanzo di Robinson Crusoe (grazie dottor Beittel!). Fin dalla più tenera età, egli era stimolato a viaggiare e, per quanto fosse stato avvisato da molti sulle difficoltà (ciao mamma!) che avrebbe incontrato, seguì il suo desiderio ciononostante.
Come rilultato, incontrò molte difficoltà sulla sua strada (sì, mamma, sto bene!): fu catturato e reso schiavo, fu naufrago e addirittura visse per molto tempo da solo su un’isola deserta. Ma tutte queste disavventure sono state fondamentali per diventare Robinson Crusoe. Se avesse scelto una vita di agi e comfort, certo avrebbe evitato molte complicazioni, ma non sarebbe mai stato ciò che è diventato: l’icona della forza umana, della determinazione e delle potenzialità che ognuno di noi porta dentro (un tesoro da scoprire).
Quindi, vivere all’estero ci ha cambiati come famiglia, ci ha esposto ad esperienze che ci hanno arricchito, con tutte le varietà possibili che esse offrono. E non credo che tale scelta sia stata egoistica nei confronti di nostro figlio, al contrario! Sono sicura che sarà una fonte di arricchimento anche per lui, che ha solo 2 anni. Tutto dipende come viene gestita la cosa. O come direbbe un life-coach, tutto dipende dalla visione interiore. Sono convinta che viaggiare possa essere utile a sviluppare le virtù di una famiglia intera.
Ma questo concetto lo chiarirò col prossimo post, ho già un po’ di materiale in mente.

giovedì 22 aprile 2010

I CINQUE MOTIVI PERCHE'...altri due!

3 – Ispirazione
L’ispirazione può arrivare da un paesaggio , da un’architettura, da una meraviglia della natura o da un tramonto.

O può sopraggiungere durante un’esperienza particolare. Una di quelle sensazioni che cresce dentro di te e ti spinge a partire per una nuova avventura o dare una mano a qualcuno.
Per molti anni ho avuto il desiderio di intraprendere un viaggio intorno al mondo, conoscere culture e città lontane, magari anche lasciando qualcosa in cambio. Ma è solo abitando tra la gente che ho avuto la più grande ispirazione di come realizzare tale desiderio. Abitando all’estero, piuttosto che visitando posti lontani, mi dà l’opportunità di assorbire letteralmente un posto e ricevere tutto ciò che ha da offrire, con la sua bellezza, la cucina, le abitudini e la cultura.

4 – Sfida
Vivere all’estero ti toglie dalla tua zona confortevole. Ti mette faccia a faccia con nuove, e spesso disagevoli, situazioni. Che sia comunicare in una lingua che non è la tua, aggiustarsi a condizioni di vita differenti, o adattarsi a nuove abitudini, la sfida è aperta su più fronti.

Qui in Mozambico abbiamo dovuto abituarci come famiglia ad eventuali docce fredde (quando l’acqua corrente è disponibile, altrimenti si può pretendere un catino caldo) e lavare il bucato il più delle volte a mano (non ho ancora trovato una posizione comoda per la schiena). A volte è difficile (proprio quando ti andava una doccia calda a cascata), ma sono i momenti più gratificanti che condividiamo come famiglia. Tutto ciò ci fa sentire un nucleo ben compatto. E una coppia più unita per far fronte alle difficoltà, per dimostrare a nostro figlio che si può. Neanche sta volta è la fine.
Vivere in un paese in via di sviluppo ti mette davanti a situazioni che ti fanno sentire a disagio (o psicologicamente disturbato!). cose come l’estrema povertà, mancanza di sanità, commercio del sesso o totale mancanza di umanità sono cose che fanno pensare. E con le sfide arrivano le opportunità per il cambiamento personale, che alla lunga può addirittura portare al cambiamento del mondo (l’uomo allo specchio, come cantava qualcuno).

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martedì 20 aprile 2010

I 5 MOTIVI PERCHÈ...
Spesso familiari e amici ci chiedono come e perché abbiamo deciso di incamminarci per il mondo. Ho pensato molto a questa domanda, a volte rispondevo a tono, altre volte cercavo di fare dell’introspezione spicciola sul marciapiede all’angolo.
Come famiglia, siamo spinti a vivere all’estero. È parte di ciò che siamo. Ogni singolo giorno il brivido che sentiamo per questo stile di vita è riaffermato ad ogni esperienza ed incontro che facciamo. Qui ho riassunto 5 motivi chiave per lo stile di vita che abbiamo scelto. Oggi il primo e il secondo, seguitemi i prossimi giorni per saperne di più!..

1 – Esperienza di vita


La crescita arriva attraverso nuove esperienza, non c’è altro da fare. Un bambino apprende a livello esponenziale, in parte perché ogni esperienza che attraversa è nuova, è la prima volta. Tutti noi ci ricordiamo ‘la prima volta che’. Nuova esperienza =apprendimento=crescita. È semplice.
Da adulti il livello di sviluppo ed espansione decresce, poiché il numero di esperienze nuove e uniche che incontriamo si fanno più rare. O addirittura nulle.
Vivere all’estero ci fornisce nuove esperienze ogni giorno. Mangiare diventa un emozione quando ci confrontiamo con nuovi sapori. Guidare diventa una sfida quando troviamo nuove regole e nuove utilitarie sulla strada (anche animali da tiro). Un salto al supermercato può portarci a nuovi colori, nuove visioni, regole e abitudini. Addirittura cucinare e pulire diventa un’avventura quando hai a che fare con nuovi materiali (porcellanato antico-moolto vs. parquet-alla-mozambicana), nuove apparecchiature (più piccoli elettrodomestici, o leggermente-rotti-ma-funzionanti) e varie (sapone a barre o ascensori umani)
Quando sei all’estero, le cose di tutti i giorni, di cui vagamente fai caso, improvvisamente diventano una novità.

2 – Cultura

La cultura, dal mio punto di vista, rappresenta il modo di pensare di una società o le condizioni di un gruppo di persone (mi scuserà la prof di sociologia di Trento). E ciò include costumi, cibo, psicologia di gruppo, tradizioni, abbigliamento, lingua e abitudini.
Quando siamo a casa, siamo circondati da una cultura con cui abbiamo familiarizzazione. Conosciamo il cibo, le abitudini, la lingua, le norme sociali e le tradizioni – cosa e come celebrare, chi riverire, come vestire.
Quando siamo in vacanza in un altro paese, in breve tempo siamo inseriti in una cultura totalmente nuova. Facciamo caso alle differenze, ma poi torniamo comodamente alla vita che conosciamo bene.
Ma quando viviamo all’estero siamo sommersi da una coltura a cui non siamo familiarizzati, così dobbiamo imparare a convivere con le differenze che incontriamo. A volte ci porta a frustrazione (perché non possono fare come si fa in ______?), altre volte è motivo di umorismo (come cacchio sono arrivati a ‘sti livelli?), forse fastidio (che palle ‘sta burocrazia), ma comunque sempre è un’occasione per riflettere e analizzare il vero motivo perché facciamo le cose nella tal maniera.
Nel breve tempo che siamo in Mozambico ho già avuto diverse domestiche. Tutte hanno l’abitudine di bollire il riso nella pentola con un sacchetto di plastica. Punto. Cucinare in tal modo fa bollire l’acqua in minor tempo e il riso si cucina prima… In varie occasioni ho tentato di dimostrare l’assurdità della cosa, in vano. Sopra pensiero, tornavano alle vecchie abitudini.
Col tempo ho capito non importa se è questo ciò che pensano. La lezione più importante è analizzare cosa noi crediamo, appurare che una cosa di cui sono convinta è vera, non solo perché sono cresciuta pensando che fosse vera, o solo perché sono stata condizionata a fare così. Fermandosi ad osservare, a ben guardare, si trova sempre una motivazione perché le cose vengono fatte in un modo piuttosto che in un altro, spesso scoprendo l’uovo di Colombo (pestare l’aglio con il sale grosso - invece di tagliarlo – lo rende più digeribile!)
Non c’è una maniera giusta in assoluto per fare le cose. Un modo non è giusto, l’altro non è errato. Sono solo due modi differenti. E va bene così.


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giovedì 18 marzo 2010

Il take-away cinese in Mozambico


Il Mozambico sta diventando una meta sempre più gettonata dai turisti italiani attratti dalle spiagge dai fondali marini e dai paesaggi naturali, mi sembra tuttavia opportuno portare alla luce uno dei tanti problemi di un paese che per molti "turisti per caso" può apparire come il più classico dei paradisi tropicali.
Con una superficie di quasi 800.000 km quadrati e con una popolazione di circa 21 milioni di abitanti concentrati per lo più nella fascia costiera, il Mozambico dopo gli anni di guerra civile (1980-1994), grazie alla situazione politica stabile sta diventando un paese di forti investimenti da parte dei paesi occidentali, sopratutto attratti dall'enorme disponibilità di risorse naturali.


Nell'ultimo decennio, come in tutto il resto del continente africano si sono imposte sul mercato le imprese cinesi attratte dal business del legno. Grazie all'atteggiamento politico dei funzionari locali, agli scarsi controlli e all'appoggio del governo cinese che ha stanziato fondi a pedere per la cooperazione con il paese lusofono, le imprese private stanno provocando danni ambientali enormi al patrimonio forestale, sopratutto nelle regioni del nord. Inoltre la popolazione locale che vive per lo più di pesca e di un agricoltura di sussistenza, non viene tutelata dal governo nazionale, per questo non riesce ad opporsi alle pressioni delle compagnie forestali.
Al di la delle statistiche numeriche, è importante sottolineare la mancanza di dati con cui le autorità preposte, operano nel rilascio delle licenze di taglio alle compagnie locali ed estere e la totale mancanza di controllo sulle quantità di legname effettivamente estratte. Come altri paesi africani con alcune leggi anche il Mozambico sta cercando di trattenere in loco la lavorazione delle materie prime, per creare sia indotto che sviluppo umano e tecnologico. Le frequenti notizie di sequestri di legname nei porti del Nord del paese e nei porti cinesi, rivelano che la maggior parte del legno viene tagliato ed esportato illegalmente (il cosiddetto take-away Chinese).
Verso la China ed Hong Kong è stato infatti inviato circa l'85% dei 430.000 metri cubi di legname ufficialmente esportato dal 2000 al 2005. I dati FAO del 2003 suggeriscono che la produzione e l'esportazione illegale si aggirasse fra il 50 e il 70 % delle licenze emesse, che sono traducibili in un volume fra 90.000 e 140.000 metri cubi all'anno.

fonte: http://www.salvaleforeste.it


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mercoledì 17 marzo 2010

SUCCO DI CANNA DA ZUCCHERO


La canna da zucchero spremuta regala un dolcissimo nettare che con l’aggiunta di limone e ghiaccio è un’ottima bevanda rinfrescante. La trovate la domenica tardo pomeriggio sulla passeggiata del Marginal (vicino al Ministero della Pesca): un anziano signore assolda per l’occasione due giovani volenterosi per azionare questa macchina di concezione antica ma dal marketing moderno! La fila è lunga per aggiudicarsi un bicchiere di sura…sempre che davanti a voi non si presenti qualcuno con la richiesta di alcune bottiglie (come abbiamo fatto noi!) Ci vuoole moolta pazienza, ma ben premiata!! Da conservare in freezer.
Ora vi sfido a trovare della canna da zucchero dalle vostre parti!


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